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Cina compra Pirelli: l’inizio della fine per il made in Italy?

pirelliUn altro grande marchio italiano se ne va. Pirelli, azienda milanese fondata nel 1872, è stata venduta ai cinesi di ChemChina, la quale lancerà una nuova OPA da 15 euro ad azione attraverso la società Bidco.

Come era ovvio sono arrivate le prime critiche sull’operazione, come quelle della segreteria nazionale Filctem – Cgil, dichiaratasi “preoccupata di come questo fatto rappresenti la perdita di un altro dei gioielli industriali del nostro paese”.

Anche l’economista della Bocconi Carlo Alberto Carnevale Maffè parla dell’operazione. Secondo Maffè le colpe non sono da ricercare in Pirelli o in Tronchetti Provera, bensì nel sistema Italia, che non è riuscito a fornire all’azienda italiana i capitali di cui aveva bisogno. Un po’ come è accaduto di recente ad altri marchi, tra cui quelli della moda italiana (un esempio su tutti, Gucci comprato da Kearing), non ci sono state risorse nazionali a supportare l’azienda e la scelta di vendere era una delle poche strade possibili.

Quello di Pirelli, infatti, è stato solo uno dei tanti acquisti fatti da stranieri nel Bel Paese: oltre che la moda sono stati tanti i settori e le aziende oggetto di “shopping”, a partire da Algida acquistata dalla Unilever nel lontano 1974, fino alla francese Nestlè che ha comprato Perugina, la Ducati venduta alla tedesca Audi, Lamborghini acquistata da Volkswagen, un’altra tedesca, la lista potrebbe ancora continuare.

Non solo critiche, però. Massimo Moratti, ex presidente dell’Inter e socio della holding che controlla Pirelli, difende l’operato di Marco Tronchetti Provera, dicendo che “si è sempre comportato in maniera attiva, facendo un’operazione che va a supporto dell’azienda. Non bisogna essere spaventati dall’arrivo di soci stranieri”. Anche il Corriere difende Tronchetti Provera, che ha saputo dimostrare capacità di visione nel cogliere le opportunità offerte dai cinesi.